sabato 30 giugno 2012

Masticabile Bellezza


Ti manciassi!”

Si dice anche ai bambini e non è un rigurgito di ancestrale cannibalismo, solo tenerezza ..e bellezza soverchiante.
È così che succede a volte di fronte alla Bellezza: la si ama, la si vorrebbe inglobare.
Lo sguardo la osserva, ma non la fissa. 
La pelle ci permette di sfiorarla, ma a noi non basta. 
Vorremmo mangiarla e tenerla dentro di noi, carne della propria carne, per sempre.
Impossibile. 
Deve esser per questo che a volte la sua intensità è tale da farci quasi male.

La bellezza ha un destino diverso: essere abitata come sfondo mutevole che ci ospita piuttosto che abitarci come fossile del possesso.
Ed esser molto più gustata che masticata,
molto più trasmessa che conservata.

Forse la bellezza la si custodisce davvero solo se la si trasmette.

Dal diario di Hetty Hillesum
"Una volta se mi piaceva un fiore, avrei voluto premermelo sul cuore, o addirittura mangiarmelo. La cosa era più difficile quando si trattava di un intero paesaggio. Ma il sentimento era identico. (…)
Ora d’un tratto non è più così, anche se non so dire per quale processo interiore.
Mi ricordo benissimo di come sentivo una volta: trovavo tutto talmente bello che mi faceva male al cuore. Allora la bellezza mi faceva soffrire e non sapevo che farmene di quel dolore. Allora sentivo il bisogno di scrivere o di far poesie, ma le parole non mi volevano mai venire. E mi sentivo terribilmente infelice. In fondo mi ubriacavo di un paesaggio simile, e poi mi ritrovavo del tutto esaurita.
Mi costava un’enorme quantità di energie (…). Ma l’altra sera, solo pochi giorni fa, ho reagito diversamente.
Ho accettato con gioia la bellezza, malgrado tutto. Ho goduto altrettanto intensamente di quel paesaggio tacito e misterioso, nel crepuscolo, ma in modo per così dire “oggettivo”.  Non volevo più ‘possederlo’.
Sono tornata a casa rinvigorita dal mio lavoro. E quel paesaggio è rimasto presente sullo sfondo come un abito che riveste la mia anima – tanto per dirla con paroloni - ma non m’impacciava più.
È così è con S. come del resto con tutti.
Martedì mattina studiando Lermontov, scrivevo che dietro la sua testa spuntava sempre quella di S., che avrei voluto rivolgermi a quel caro viso, parlargli e accarezzarlo, che così non riuscivo a lavorare. È passato molto tempo da allora, è già tutto un po’ diverso. Il suo volto c’è ancora mentre lavoro, ma non mi distrae più, è diventato come un paesaggio amato e familiare che sta sullo sfondo, i suoi tratti sono sfumati, non vedo più un volto preciso – s’è dissolto in atmosfera , spirito o altro che sia.

In un’altra pagina del diario, dopo la morte di S., Hetty scrive :

Sei diventato talmente parte del cielo che s’incurva sopra di me, che mi basta alzare gli occhi per esserti accanto (…) continuerò la tua vita e ti trasmetterò ad altri.”
H. Hillesum,  Diario 1941-1943.  Edizioni Adelphi 1996  
Hodeifa Salif, Yemen, foto di Marco Di Bella.
All rights reserved.

2 commenti:

  1. Davvero preziose, queste riflessioni di Hetty Hillesum. Mi sa che le posterò anch'io, dandoti la ... maternità dell'idea. Grazie davvero. Un abbraccio.

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  2. La Nipotità magari! ..La maternità è di Hetty ;-)
    Ti abbraccio! Grazie della tua presenza sempre preziosa nel Mafraj! A presto ^_^

    RispondiElimina

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